Fabio Fazio e la Rai un valore, non un costo
Published by Elena Elena,
Aldo Cazzullo su Fazio e la RAI: “Credo che, quando si stabilisce o si discute il compenso di una persona, non ci si debba chiedere quanto costa, ma quanto vale (…)".
Caro Aldo,
mi
piacerebbe conoscere la sua opinione sul caso Fazio. Può, deve, il
servizio pubblico accettare di pagare un suo «pezzo pregiato» fior
di milioni aumentando il compenso precedente? Avrei voluto vedere se
Fazio, andando altrove, si sarebbe portato con sé i suoi fan.
Valentina Micillo, Milano
Cara Valentina,
Ho ricevuto molte lettere
sul tema, alcune decisamente più assertive della sua. Credo che,
quando si stabilisce o si discute il compenso di una persona, non ci
si debba chiedere quanto costa, ma quanto vale. Fabio Fazio vale
molto, e non solo perché le sue trasmissioni incassano molta
pubblicità, e quindi si ripagano e fanno anzi guadagnare la Rai: per
essere concreti, RaiTre perde 15 milioni, ma RaiUno ne guadagna 22.
Per anni Fazio è stato
l’unico a riuscire a fare una trasmissione di libri in prima serata
(al mattino c’è quella ormai storica di Corrado Augias). Le
trasmissioni di libri non funzionano se hanno un approccio
penitenziale, se comunicano questo messaggio: «Ora basta guardare
sciocchezze, mettiti in ginocchio sui ceci, allaccia il cilicio e
diventa migliore». Così la gente cambia canale. Se invece il
messaggio dice in sostanza «stasera parliamo della vita, ridiamo, ci
emozioniamo, ci indigniamo, e se vi interessa c’è questo libro»,
allora una parte significativa di pubblico risponde. In questo modo
Fazio non solo ha portato in tv David Grossman e Daniel Pennac,
Abraham Yehoshua e Emmanuel Carrère, Umberto Eco e Mario Vargas
Llosa, insomma i più importanti scrittori del nostro tempo; ha dato
loro un pubblico che in altre trasmissioni non avrebbero avuto.
Questo non significa condividere tutto quello che Fazio fa o pensa.
Ad esempio su Roberto Saviano ho un’opinione diversa dalla sua.
Però credo che Fazio interpreti in modo corretto quel che dovrebbe
fare il servizio pubblico.
Si parla spesso di
dedicare una rete alla cultura, togliendole la pubblicità. Sarebbe
un esperimento interessante. Ma credo che un canale culturale
dovrebbe comunque puntare ad avere un pubblico ampio. Abbiamo, con
rare eccezioni, una classe di accademici che disprezzano la
divulgazione perché disprezzano il popolo, anzi il volgo, e sono
convinti di essere giudicati tanto più bravi quanto più sono
oscuri. Questo aumenta il ruolo e la responsabilità della tv
pubblica nella divulgazione e quindi nella formazione, come sostiene
da sempre Piero Angela. Ora suo figlio Alberto ne ha raccolto il
testimone. Il problema della Rai è avere più Alberto Angela e più
Fabio Fazio; non meno.
Fonte: Corriere della Sera
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