Tutto può succedere, i punti di forza della serie TV RAI
Published by Elena Elena,
Serie TV RAI, Tutto può succedere. In questo remake di Parenthood il team lavora di leggerezza valorizzando bene una naturale inclinazione per la commedia.
«Siamo
una famiglia, sì o no?», chiede Sara (Maya Sansa) a sua figlia
Ambra (Matilda De Angelis), adolescente sveglia ma insicura,
cresciuta con un padre irresponsabile e problematico. La ragazza non
risponde: è appena arrivata a Roma da Genova con sua madre e suo
fratello Denis (Tobia De Angelis), dopo la dolorosa ma inevitabile
separazione da quel padre disastroso.
Non
conosce ancora, Ambra, gli abbracci e le risate collettive, le ansie
condivise e quanto sia bello spartire coi calorosi parenti romani la
gioia di un regalo offerto dalla vita. Non sa molto del tepore dolce
di sentirsi ramo di un albero robusto e rigoglioso, composto da due
nonni, dai loro quattro figli e da un bel mucchio di nipoti, tra cui
lei.
Scoprirà
tutto durante un viaggio lungo due stagioni, sempre su Rai Uno, dal
27 dicembre del 2015 al 29 giugno prossimo, quando la disordinata
orchestra dei Ferraro suonerà per l’ultima volta la sua vitalità
caotica ma coinvolgente, il suo entusiasmo spassoso e un poco
confusionario, chiassoso ma sensibile. I problemi delle varie
generazioni si accompagneranno per l’ultima volta all’allegria,
in un volteggio finale di risate ed emozioni.
Ventisei
puntate in tutto, di peripezie esistenziali e sentimentali, durante
le quali Ambra, piccolo e prezioso anello di un ampio girotondo
familiare, ha incontrato i vistosi difetti dei suoi tanti familiari:
dal testardo e orgoglioso nonno Ettore (Giorgio Colangeli) alla
saggia e sottilmente malinconica nonna Emma (Licia Maglietta), fino
alle tante zie e zii carnali e acquisiti, ognuno coi propri figli a
completare il gran concerto. Tanti chicchi di un gustoso grappolo,
ognuno dal sapore unico: ecco i Ferraro, coralità agrodolce che
parla di bullismo e di vuoti nell’anima portati dal pensionamento,
di video virali e di gravidanze involontariamente interrotte, del
lavoro che si perde a quarantatré anni e della paura che si prova.
Ambra,
al pari di ogni personaggio di Tutto
può succedere,
osserva la fatica di tutti per tenere in piedi il proprio nucleo, le
prove continue che la vita impone a ogni età, le tempeste a volte
indomabili che aggrediscono gli amori che parevano al sicuro, gli
errori e le rinunce che plasmano i bilanci personali, il sudore
colato per crescere i figli, doni infiniti che a volte vivono
problemi che non possiamo annullare, soltanto lenire, magari
affrontandoli con la bravura esemplare di Alessandro (Pietro
Sermonti), primogenito di Ettore ed Emma, e di sua moglie Cristina
(Camilla Filippi), che oltre a essere i genitori di Federica
(Benedetta Porcaroli), intelligente e riservata coetanea di Ambra, lo
sono anche di Max (Roberto Nocchi), che ha otto anni e la sindrome di
Asperger. Il tempo speso per il figlio non toglie ad Alessandro la
capacità di spendersi per gli altri, non scalfisce la sua
propensione ad «aggiustare le persone», come sintetizza suo padre a
un certo punto. Le difficoltà non tolgono ai Ferraro il piacere di
incontrarsi, aumentano semmai il bisogno di tenersi stretti,
sciogliendo la complessità del vivere in una cena con brindisi e
autoironico ripescaggio di aneddoti dal passato.
Sa
tenere la porta aperta al mondo esterno, questa arruffata famiglia
italiana: ha il merito di aprirsi ai portatori di sana rottura e
quindi di crescita, al loro sguardo esterno e libero che aiuta a
sforbiciare i cordoni ombelicali ancora intatti. Sanno pure pregare,
i Ferraro, qualche volta, anche se nonna Emma non sa bene da dove
cominciare: «Padre nostro — confessa ad alta voce — so che non
ci parliamo molto spesso». Poi, però, ringrazia per i tanti doni
ricevuti e chiede preghiere per i propri cari, conquistandosi così
l’applauso della tavolata e un “brava" da tutti i commensali.
Tutto
può succedere è
il remake italiano della statunitense Parenthood,
serie cult da sei stagioni in tutto, dal 2010 al 2015, a sua volta
ispirata al film Parenti, amici e tanti guai di Ron Howard, del 1989.
Se in quel vigoroso family drama i dialoghi brucianti e le vivide
interpretazioni rendevano credibili tutte le tensioni e i ritorni
alla pace, il team lavora di freschezza e leggerezza, valorizzando
bene la naturale inclinazione italiana per la commedia. Se
l’intensità di Parenthood
fotografava nitidamente la contemporaneità americana, Tutto
può succedere
pennella, senza idealizzarlo mai, l’affresco di una media borghesia
italiana che sa tanto di normalità. Le sfumature favolistiche
vengono diluite con attenzione nel realismo, in questa serie dal
linguaggio popolare ma curato, e se diverse avventure incontrano il
lieto fine, capita a volte che i limiti personali o le scelte fatte
portino a un dolore irreversibile, alleggerito solo in parte da
parole di conforto, dalla corsa sincera in aiuto, dalla battuta che
indebolisce la solitudine e la sofferenza.
«Siam
fatti così — dice Sara della sua famiglia — ci elettrizziamo per
poco», mentre Carlo (Alessandro Tiberi), il più giovane dei quattro
figli di Ettore ed Emma, sintetizza i suoi parenti con un ironico
«son strani», quando li presenta a Feven (Esther Elisha), la
ragazza che sei anni dopo una loro breve relazione si è rifatta viva
presentando a Carlo il figlioletto Robel, che in poco tempo lo
trasformerà da inguaribile immaturo a padre affettuoso e innamorato.
Senza quelle barriere psicologiche che invece impediscono a sua
sorella Giulia (Ana Caterina Morariu), determinato e tosto avvocato,
di costruire una relazione profonda con la piccola Matilde, più
legata invece al padre Luca (Fabio Ghidoni), anche lui avvocato ma
poco ambizioso e anche per questo reinventatosi felicemente
giardiniere.
È
l’ennesima tessera di un puzzle che ricorda le potenzialità della
famiglia mettendone in mostra le mille imperfezioni, che racconta
come uniti il difficile diventi un po’ più facile e si possa anche
acchiappare la felicità, talvolta. «Empatia — spiega il piccolo
Max — vuol dire entrare dentro. Come se io potessi diventare te e
tu me». Ecco, i Ferraro, a modo loro, vivono la famiglia in questo
modo: cercano la verità negli occhi dell’altro e se serve
intervengono per il loro bene. E non è poco.
Fonte: L’Osservatore Romano